Giuseppe SUPINO: PICTOR OPTIMUS e Poeta dell’immagine.
Di Mario RIZZI
L’arte di Giuseppe Supino è riconducibile alla Scuola Romana, tanta cara a
Gino Bonicchi, meglio conosciuto col nome di Scipione, Mario Mafai, Giovanni Omiccioli, Renato Guttuso e Domenico Purificato, questi ultimi tre, suoi maestri ed amici.
Il mondo poetico dell’immagine di Supino scaturisce da uno schietto senso di umanità che promana da un realismo lirico, ispirandosi a soggetti desunti dalla realtà quotidiana, innanzitutto i paesaggi, le “pacchiane” col tradizionale costume minturnese, i cesti di frutta di caravaggesca memoria, le persone del popolo assorte in una meditazione poetica intesa negli aspetti più puri e semplici di una vita popolare che, ahimé! è quasi del tutto scomparsa nel nostro mondo sempre più globalizzato. I volti melanconici di giovani donne sembrano esprimere un’attesa ansiosa di un evento che tarda e manifestarsi.
Dipinti, quest’ultimi, che emanano una carica di umanità meditata, attenta e scrupolosa, che hanno origine da una composizione studiata, con evidente resa dei particolari come nei visi, nelle mani, nei corpi, nei fiori e nelle nature morte, ovvero “nature silenti”, come le chiamava Giorgio de Chirico. Basti osservare le sanguigne disegnate con nitidezza e dal segno perfetto, come in “Donne con le fogge minturnesi“, “Veduta della Torre di Mola”,
“Giovane donna nel tipico costume formiano” con in mano una conchiglia dei Caraibi, la “Strombus gigas”, oppure in “Omaggio a Giulia Gonzaga”, contessa di Fondi e di “Traétto” (l’odierna Minturno), considerata la donna più bella del 1500 e così via.
Giuseppe Supino -nelle sue tele - diventa il cantore di scene bucoliche, perché da sempre affascinato dalla bellezza del paesaggio intensamente vissuto dai suoi personaggi, donne ed uomini, come espressione universale di una terra che affonda il suo passato in un mondo mitico.
E proprio da questi luoghi incantati Supino coglie le immagini di una quotidianità serena, di una natura amica, insomma di visioni di una realtà onirica, come Purificato lo è stato per la sua Fondi.
L’arte di Supino è proiettata in un sogno di epifanica bellezza e la dolcezza dei suoi sentimenti positivi traspare da una inesausta vitalità che solo la natura sa offrire, in un’effusione artistica dalle calde e vibranti cromìe, e che Giuseppe Supino, estraneo alle confuse lusinghe delle effimere mode, sa riproporci in nome di un’Arte sempre legata alla tradizione ma ancor più attenta alle suggestioni della modernità.
Marina di Minturno, addì 10 sett. 2018 Mario RIZZI
Mario RIZZI, Ricercatore storico
venerdì 28 settembre 2018
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